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Dr.ssa Alessia Ciccola

Psicologa-Psicoteraupeuta-Dottore di Ricerca in Scienze Psicologiche

PSICOLOGA E PSICOTERAPEUTA

Approfondimenti

COSA E’ LA CEFALEA?

Con il termine cafalea o cefalalgia si intendono quei dolori avvertiti a livello del capo e del volto che insorgono a causa dell’irritazione di strutture craniche sensibili al dolore per la presenza di nocicettori, tra cui i vasi della base cranica, e le tonache vascolari cerebrali della dura e della pia madre.
Nel 1988 l ‘International Headache Society ha stilato una prima classificazione delle cefalee, che è stata aggiornata nel 2003 e che, al momento, ne distingue oltre 60 tipi differenti.
La prima grande distinzione effettuata è tra cefalee primarie e secondarie, queste ultime imputabili ad altre condizioni patologiche, spesso anche gravi.

CELAEA PRIMARIA E SECONDARIA
Si parla di cefalea primaria quando indagini strumentali ad hoc escludono la presenza di lesioni strutturali “causa” della cefalea, anche qualora segni di queste alterazioni possono essere stati suggeriti dalla storia clinica, dall’esame obiettivo e/o neurologico del paziente.
Si parla invece di cefalea secondaria quando adeguate indagini strumentali consentono di risalire alla causa della cefalea (tumori cerebrali, alterazioni metaboliche, malformazioni vascolari, ecc.). Le cefalee primarie costituiscono l’80% dei casi che giungono all’osservazione specialistica, le cefalee secondarie il 15-20%.

PRINCIPALI TIPI DI CEFALEAPRIMARIA
1. EMICRANIA
L’emicrania (dal greco hemikranion emi= mezzo: Kranion=testa: dolore che occupa metà della testa) è una cefalea idiopatica episodica, caratterizzata da attacchi ricorrenti di dolore che durano in media dalle 4 alle 72 ore, solitamente unilaterali e a carattere pulsante, di intensità media o severa, ampiamente variabili nella loro frequenza e durata.

Caratteristica di questa affezione è l’ampia variabilità critica che si manifesta sia da individuo ad individuo che, nello stesso soggetto, da attacco ad attacco (Arulmozhi et al., 2005).
Secondo la nuova Classificazione, stilata dalla Società Internazionale delle Cefalee (IHS), si distingue in emicrania senz’aura (la forma più diffusa, che colpisce l’80 % dei soggetti affetti) ed emicrania con aura.
Approssimativamente gli studi epidemiologici indicano una prevalenza del 10-12% per l’emicrania senza aura, del 6-8% per l’emicrania con aura e del 2% circa per quei casi in cui le due forme coesistono. Il rapporto maschi/femmine è di 1:2,2 per la forma senza aura e di 1:1,5 per quelle con aura.

EMICRANIA CON AURA
L’aura è parte costitutiva dell’ attacco emicranico in circa il 36% dei pazienti. È caratterizzata da attacchi con sintomi neurologici (aura) da disfunzione focale emisferica e/o del troco encefalico. L’aura, in genere (80% dei casi) è seguita da cefalea, si sviluppa gradualmente in 5-20 minuti e scompare entro 60 minuti.
L’emicrania con aura è inoltre in genere meno legata a meccanismi scatenanti, ad esempio nella donna non segue strettamente i periodi mestruali. Non sono rari comunque i casi di aura emicranica isolata, cioè non seguita dalla crisi di cefalea, che possono portare a gravi difficoltà diagnostiche, specialmente in pazienti di età non più giovane.


EMICRANIA SENZA AURA

L’emicrania senz’aura è presente in circa il 55% dei pazienti emicranici e si manifesta con attacchi ricorrenti della durata oscillante tra 4 e 72 ore. Le caratteristiche tipiche della cefalea sono: l’unilateralità, la pulsatilità, l’intensità media o forte, e l’aggravamento indotto dallo svolgimento delle normali attività fisiche. La cefalea si accompagna a nausea e/o vomito e a fono e fotofobia.
Talvolta la crisi è preannunciata da disturbi dell’umore, incremento dell’appetito od inappetenza, sensazione di “estraneità”. Nelle donne molte crisi cadono nei giorni precedenti o seguenti l’inizio dei flussi mestruali. Altri meccanismi scatenanti sono le variazioni di orario ed abitudini, il sonno prolungato o viceversa la perdita di ore di sonno, vari alimenti o bevande (formaggi, cioccolato, insaccati, alcoolici), situazioni stressanti, variazioni metereologiche, alcuni farmaci.
La pillola anticoncezionale può avere effetti vari nella donna emicranica (peggioramento o anche miglioramento della frequenza delle crisi). La gravidanza generalmente è un evento migliorativo sulle crisi emicraniche, specie nel secondo e terzo trimestre
2. Cefalea tensiva

Due sono le forme principali di cefalea di tipo tensivo: la forma episodica e la forma cronica, le cui caratteristiche cliniche sono pressoché sovrapponibili, differenziandosi essenzialmente per la maggiore durata della seconda (più di 15 giorni al mese).
In uno studio basato sulla popolazione la prevalenza lifetime era di 79% con il 3% dei pazienti che avevano avuto esperienza di cefalea di tipo tensivo in forma cronica (Rasmussen et al., 1991).
La prevalenza sembra in ogni modo aumentare con l’età, soprattutto per le forme croniche. Il picco di prevalenza per entrambi i sessi è tra i 30 e i 39 anni.

La forma episodica è la categoria più diffusa di cefalea esistente. Tuttavia, nonostante l’enorme impatto sociale ed economico, gli studi a tal proposito (sia per l’età adulta, ma soprattutto per quella pediatrica) sono sorprendentemente pochi: la ragione può, probabilmente, essere collegata alla sua qualità meno severa, invalidante e invasiva sulle attività quotidiane.
La qualità del dolore è costrittiva o gravativa, ma non pulsante. La severità del dolore, lieve o media, può inibire, ma non impedire le normali attività quotidiane. La localizzazione del dolore è di solito bilaterale, a sede frontale e/o temporale, più raramente occipitale, spesso diffusa “a casco” o “ a cerchio”; può anche essere unilaterale nel 5-10% dei casi. L’intensità è lieve o moderata, con variazioni anche nell’ambito della stessa giornata; in alcuni casi il paziente riferisce di non avere un vero e proprio dolore, ma una sensazione di pesantezza, di testa confusa o di testa piena o vuota, di bruciore superficiale. L’intensità del dolore aumenta con l’aumentare della frequenza della crisi. La cefalea di solito non è aggravata dagli sforzi fisici (questo sembra essere il criterio che maggiormente differenzia gli episodi di cefalea di tipo tensivo da quelli emicranici). La presenza di nausea o vomito esclude la diagnosi di cefalea tensiva, anche se può essere presente anoressia media o moderata. La cefalea può durare da 30 minuti a 7 giorni.


FATTORI PSICOLOGICI della CEFALEA

La cefalea è probabilmente il sintomo fisico che viene legato maggiormente a problemi di natura psicologica. Quando si parla di “problemi psicosomatici” viene quasi inevitabile pensare a tutte quelle cefalee strettamente legate a problematiche affettive, emotive e di difficoltà in vari momenti della vita quotidiana.
Nei pazienti emicranici lo stress è presente in una percentuale che raggiunge i due terzi del numero totale dei pazienti, l’ansia è un fattore importante per quasi la metà di chi soffre di emicrania e la depressione è presente per circa un quinto.
Molte ricerche hanno potuto evidenziare che ansia, stress e depressione giocano un ruolo fondamentale sia da un punto di vista patogenetico che nel mantenimento del problema cefalalgico. In generale i cefalalgici hanno un’elevazione delle caratteristiche psicologiche ma non rientrano in un quadro psicopatologico, in altre parole i pazienti cefalalgici non possono essere collocati all’interno di un’unica e specifica tipologia di personalità nevrotica.

Stress e cefalea
Ci sono tre elementi fondamentali nelle relazione fra stress e cefalea.
Lo stress sembra essere un frequente fattore originario della cefalea vascolare sebbene la relazione causa-effetto sia meno chiara che nella cefalea di tipo tensivo. In ogni caso è ipotizzabile una prima azione dello stress come iniziatore della cefalea in individui biologicamente predisposti.
Un secondo aspetto riguarda la capacità dello stress di potenziare o intensificare una cefalea in corso.
L’emicrania provocata dallo stress di solito non si scatena al picco dello stress, ma durante il periodo di rilassamento immediatamente successivo. L’ipotesi è che lo stress entri in gioco nella multifattorialità dei fattori scatenanti aumentando la vulnerabilità del soggetto all’emicrania.
La terza considerazione sulla relazione fra stress e cefalea fa notare come la prolungata presenza di un problema di cefalea provochi un circolo vizioso evidente e doloroso. La presenza di un dolore o fastidio continuo o intermittente, l’aspettativa di una crisi sono tutte situazioni che provocano l’innalzamento dei livelli di stress che diventano il punto di partenza per la cefalea che a sua volta innesca il processo doloroso.

Ansia e cefalea
L’ansia è un’emozione utile per affrontare in modo corretto tutti i problemi e gli eventi della vita quotidiana. Questa fondamentale funzione spesso è così routinaria che non ne esiste una percezione diretta. Solamente quando raggiunge dei livelli di disagio l’ansia comincia ad essere fastidiosa e anche dolorosa. In questi casi diventa una previsione del futuro esagerata e pessimistica che, nei casi di ansia continua e cronicizzata, porta allo sviluppo di problemi psicosomatici. La persona ansiosa è costantemente in stato di allarme per cercare di controllare l’evento temuto. L’attivazione psicofisiologica determinata dallo stato di allarme comporta una tensione muscolare che potrebbe essere la responsabile delle cefalee che si rilevano con molta frequenza nelle persone ansiose.
Depressione e cefalea
La cefalea è il sintomo somatico più frequente nella depressione e viene segnalata da oltre il 50% dei pazienti depressi.
La comprensione del ruolo della depressione nella cefalea è complicata dal fatto che diversi disturbi vegetativi della depressione (anoressia, disturbi del sonno, mancanza di energia, ecc.) possono essere attribuiti anche alla cefalea.
Diventa quindi importante nella valutazione stabilire fra cefalea e depressione quale dei due sia la causa e quale l’effetto.

IMPATTO NELLA VITA QUOTIDIANA
La disabilità della cefalea rappresenta la conseguenza più dannosa da un punto di vista individuale ma anche sociale. Nei ¾ circa dei cefalgici si giunge alla completa sospensione di ogni attività. Quando gli attacchi sono molto frequenti e/o gravi, il 60% dei pazienti vede peggiorare la propria qualità di vita tra una crisi e l’altra. Molti si trovano a vivere nella paura di crisi successive, modificando lentamente il proprio stile di vita fino ad arrivare ad una menomazione della capacità sociale, includendo questa la capacità di interazione sul lavoro ed in comunità, la capacità di partecipare ad attività sociali con amici, di avere relazioni in famiglia, di ottenere soddisfazione dal rapporto di coppia. Circa la metà dei pazienti emicranici non si sente più in grado di svolgere la propria attività lavorativa né tanto meno di fare programmi per il futuro. Tutto questo favorisce l’insorgenza di gravi stati depressivi con un vissuto di perdita del proprio stato di benessere e di peggioramento del grado di soddisfazione della propria vita.

TERAPIE FARMACOLOGICA DELLA CEFALEA PRIMARIA
Il ricorso ai farmaci è necessario se non si riesce ad arginare il mal di testa semplicemente facendo attenzione alle proprie abitudini quotidiane. Generalmente la terapia farmacologia dà ottimi risultati: gli analgesici da banco si rivelano efficaci nell’eliminare il dolore degli attacchi di cefalea minori, dato che agiscono come antidolorifici ed antinfiammatori.
Quando gli attacchi provocano dolore più intenso, è possibile assumere dei farmaci di nuova generazione, i triptani, che agiscono sui recettori della serotonina, arginando così la dilatazione dei vasi sanguigni cerebrali.
Il farmaco ideale per curare un attacco di cefalea dovrebbe avere queste caratteristiche:
1. dosaggio semplice e flessibile
2. rapidità di azione ed efficacia elevata
3. efficacia sui sintomi associati (nausea, vomito…)
4. buon recupero clinico e funzionale
5. efficacia nell’impedire il ritorno del dolore
6. coerenza tra vantaggi clinici e miglioramento della qualità della vita
7. tollerabilità accettabile.
Una terapia preventiva è necessaria quando la frequenza, la durata e l’intensità di un attacco di cefalea incide in modo significativo sulla qualità della vita del paziente. La terapia preventiva è consigliata ai pazienti che presentano 2 o più attacchi di cefalea al mese o che comunque presentano un’emicrania che dura più di 70 ore.
La terapia è stata a lungo basata su un intervento graduale, ossia su di un uso “a scalare” dei farmaci. Ciò provocava però facilmente un abuso di analgesici e, paradossalmente, conduceva ad una cefalea da abuso di farmaci.
Si è passati quindi ad un approccio “stratificato”, che consente una terapia mirata sulla gravità della patologia, senza andare per tentativi, ma scegliendo direttamente ed immediatamente il farmaco più adatto alle caratteristiche di intensità del dolore.

TERAPIA NON FARMACOLOGICA DELLA CEFALEA
La terapia non farmacologica della cefalea deve tenere in debito conto la presenza di stress, ansia e depressione. Sul piano prettamente tecnico le metodologie maggiormente impiegate sono le seguenti:
1) Training di rilassamento.
Il grande vantaggio delle tecniche di rilassamento è la loro semplicità d’uso e il loro approccio del tutto naturale senza la necessità di apparecchiature elettromedicali o di sussidi farmacologici.

2) Biofeedback Training.
Il termine “biofeedback” significa “retroazione biologica”, e con esso si intende una particolare tecnica di autocontrollo che consiste nell’utilizzo di una strumentazione che monitorizza eventi fisiologici di due tipi: quelli connessi all’attività del Sisteme Nervoso Autonomo e dei quali l’individuo non è normalmente consapevole; e quelli relativi al Sistema Muscolo Scheletrico non più sottoposti a controllo volontario .
L’obiettivo non è tanto quello di produrre uno stato particolare, ma più propriamente quello di facilitare l’auto-consapevolezza ed il controllo di alcuni parametri fisiologici.
Prima si fa pratica (training) con l’apparecchiatura, acquisendo così una maggiore consapevolezza e sensibilità rispetto alle reazioni fisiche.
In seguito, dopo un esercizio prolungato e continuo, si riuscirà ad avere coscienza di questi segnali interni senza dover ricorrere agli indicatori strumentali. Raggiunto questo obbiettivo si cerca di integrare nella propria vita di tutti i giorni questa capacità di regolazione appresa di una variabile somatica: per esempio si può ottenere l’abbassamento della contrazione muscolare, l’aumento della temperatura, o la diminuzione dei battiti cardiaci. Questa metodica permette:

Di dimostrare al paziente la sua abilità nel controllare la sua fisiologia
Trattare “organi-bersaglio” più direttamente ed efficacemente
Aiutare la persona a controllare funzioni fisiologiche difficili da rilassare
Consentire il trattamento profilattico di organi particolarmente vulnerabili (ad es. il cuore)
Accentuare il dialogo tra psiche e soma
Dimostrare la relazione esistente tra i pensieri, le sensazioni e la psicofisiologia
Il ruolo del Biofeedback nella terapia non farmacologica della cefalea è stato oggetto di una quantità notevolissima di ricerche che ne hanno puntualizzato l’efficacia in diversi tipi di cefalea.

Nel Biofeedback Elettromiografico (EMG) al paziente viene insegnato a rilassare la muscolatura frontale. In altre metodologie gli elettrodi di superficie sono stati applicati sul trapezio.
Nel Thermal Biofeedback il paziente viene addestrato ad aumentare la temperatura periferica delle mani provocando in tal modo una vasodilatazione. Il training produce progressivamente una abilita` di controllo vasomotorio che viene impiegata per ridurre ed eliminare l’accesso emicranico con un’azione sia preventiva che sintomatica.

3) Tecniche cognitivo-comportamentali
Hanno lo scopo di aiutare il paziente a prevenire le sensazioni dolorose prima che diventino molto intense. Il paziente impara a riconoscere i segnali discriminativi che indicano l’inizio di un processo che porta alla tensione muscolare e quindi alla cefalea.
4) Associazione fra terapia di rilassamento/biofeedback e terapia farmacologica
Il paziente cefalalgico può trarre beneficio da un approccio psicologico anche se continua ad assumere una terapia farmacologica.
Le ricerche hanno sostanzialmente notato che i singoli trattamenti da soli, sia farmacologici che attraverso il Biofeedback, hanno una efficacia che si equivale e comunque producono minori effetti rispetto alle combinazioni terapeutiche.

5) Ipnosi.
L’ipnosi nella cefalea è stata applicata soprattutto come modalità per attenuare il dolore. Gli obiettivi ai quali tende il ciclo delle sedute ipnotiche sono aspecifici (apprendimento dell’autocontrollo emotivo, maggiore sicurezza di sé stesso, fiducia nelle possibilità di controllo del sintomo) e specifici (risposta antagonista all’ansia, fattore miorilassante delle zone contratte , riequilibratore dell’emodinamica circolatoria delle zone stesse, alleviamento sintomatico del dolore).


CONSIGLI COMPORTAMENTALI
Rispettando alcune norme e attenendosi ad abitudini di vita semplici e sane è possibile prevenire gli attacchi di cefalea.
Certi comportamentali quotidiani, infatti, possono aiutarci ad eliminare la possibilità di essere colpiti da un attacco di cefalea. È bene, per esempio, evitare i seguenti comportamenti:

1. fare eccessivi sforzi fisici
2. digiunare
3. dormire troppo o troppo poco rispetto alle proprie esigenze fisiologiche
4. abitare ad alta quota
5. assumere contraccettivi orali o terapie ormonali sostitutive (in menopausa)
6. ingerire alcuni cibi (gelati, alcol, formaggio, cioccolato, insaccati, caffè, tè…)
7. esporsi a luci forti e abbaglianti.

Il riposo è di importanza fondamentale, soprattutto per le persone che percepiscono un aumento degli attacchi di cefalea dopo un’attività faticosa, o per chi associa al mal di testa anche la
Fotofobia o la fonofobia.
Può essere utile tenere un “diario del mal di testa”, in cui annotare i sintomi che si manifestano durante gli attacchi.

Una vita sana e regolare aiuta a prevenire il mal di testa, soprattutto se si è già predisposti a questo disturbo.
In particolare, riveste molta importanza la gestione della propria giornata: un riposo notturno soddisfacente e dalla durata proporzionata alle nostre effettive esigenze (mediamente sulle 8 ore di sonno) permette di affrontare la giornata in modo positivo e rilassato. Bisogna rispettare orari regolari di addormentamento e di sveglia, così da regolare in modo giusto l’orologio biologico interno. Dormire troppo o troppo poco rispetto alle proprie esigenze, infatti, è un fattore che influisce sui ritmi biologici, alterando la produzione ormonale e, in generale, tutto l’equilibrio dell’organismo.
Condizione che può condurre ad un attacco di mal di testa.
Molte persone, infatti, pur non denunciando un mal di testa “regolare”, presentano questo disturbo il giorno dopo l’essersi addormentate più tardi rispetto all’orario solito; vi è poi una cefalea che compare nel fine settimana, quando cambiano gli orari e le abitudini tenuti solitamente durante tutta la settimana.

Le sigarette sono nemiche delle persone affette da mal di testa: la nicotina accentua, infatti, la vasodilatazione ed il monossido di carbonio che penetra nell’organismo entra in circolo con il sangue, diminuendo l’afflusso di ossigeno a tutti i tessuti, cervello compreso.

Anche le bevande alcoliche possono scatenare il mal di testa, proprio perché l’alcol ha proprietà vasodilatatorie; per chi è già sofferente di cefalea, può bastare anche solo una modica quantità di alcol, per cui è consigliabile astenersi completamente dall’assunzione di alcol, anche se durante certe occasioni si può essere tentati di “fare uno strappo alla regola”.
Diverso il caso di quei mal di testa dovuti ai postumi di una ubriacatura, disturbo che si presenta, in genere, il giorno dopo: i metodi classici per “smaltire la sbornia” (bere caffè, correre, mangiare miele) possono persino peggiorare il mal di testa; la cosa migliore è rilassarsi e aspettare che passi, dato che ci penserà autonomamente il fegato a rimediare alla situazione (quest’organo è in grado di smaltire mediamente 0,15 grammi di alcol per ogni chilo corporeo).

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